Tra il dire e il fare…ci sono anni di psicanalisi.

Capita che sopraggiunga la sera e ti colga in flagranza di reato con le mani nella crema di nocciole e un piede – nonché un paio di ruote – sull’orlo del precipizio. E talvolta succede che a scuoterti dalla mestizia di una giornata andata storta ci pensi la Provvidenza. Non quella di divina memoria che, nel migliore dei casi, è stata smantellata come uno di quegli sportelli sociali chiusi per mancanza di fondi. No, non quella. La Provvidenza di cui parlo è quella che ha consegnato ad Arthur Bloch il compendio della legge di Murphy, nello stesso modo in cui quell’altra – quella abolita – ha messo le tavole con i Comandamenti nelle mani di Mosè. Sicché, mentre ti compatisci sopra il barattolo mezzo vuoto e gli occhi gonfi di pianto ti fanno rimpiangere l’epoca storica in cui  potevi vendere le lacrime ad un’orda di devoti in cerca di reliquie, e oggi,  invece, tuttalpiù puoi venderti su internet un paio di mutande intrise di umori, ecco che avviene il miracolo. Infatti, come un segno del destino, ricevi un messaggio da un perfetto sconosciuto che con afflato poetico e toni aulici ti scrive:”Io una trombatina con te la farei volentieri!“.

Allora, in quel preciso istante, mentre sollevi lo sguardo dalle tue ginocchia e ti accorgi che è calata la notte e il cielo si è fatto nero come un catafalco rovesciato sopra le case, ti sale dalle interiora la proverbiale carogna che, come sempre, si presenta come un rigurgito di parole. Allora parli, armata fino ai denti e pronta ad uccidere, solo che parli da sola perché lo sconosciuto non ti ha lasciato un numero di telefono, e se anche te l’avesse lasciato ora sarebbe in bagno a farsi una sega.

Di solito la sincerità la apprezzi molto, oltretutto la sua ti ha permesso di capire senza troppe seghe mentali che quello che vuole conquistare non è il tuo cuore, così non devi prenderti la briga di tirarlo a lucido e confezionarlo nella speranza che il dono sia gradito. Tuttavia le parole premono da sotto il costato come una rivelazione che va enunciata e udita:”Devo ammettere” qui, se non ricordo male, ho fatto una pausa per prendere fiato:”Devo ammettere che tra tutti i modi verbali hai scelto quello corretto, poiché non potresti mai ambire ad un indicativo futuro, né tantomeno presente, nemmeno se – e qui il congiuntivo è d’obbligo – fossi così scaltro da dirmi che la tua era soltanto una provocazione e che il tuo reale desiderio è passare una notte intera a tenermi la mano, disteso al mio fianco. Cazzo! Io volevo poesia e tu volevi darmi…ecco…per l’appunto, quello. Ma almeno potevi edulcorarlo, farlo sembrare meno cazzo e un po’ più amore, millantare come fanno tutti, cazzo! (E ridaje).”

Respiri e intanto ti assale il dubbio che lo sconosciuto non sia realmente sconosciuto, e se avesse un nome e questo fosse MG allora andrebbe bene anche il cazzo senza la corona d’alloro intorno. Ma taci, ché intanto la mestizia si è dileguata e pensi tra te e te che, in fondo, poteva andarti peggio.

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