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10 novembre 2015

D’accordo, ragioniamo. Se questo letto potesse parlare, bestemmierebbe! E non lo farebbe con il leggendario turpiloquio dei portuali, no! Bestemmierebbe con grazia, scaraventando imprecazioni dai dolci effluvi di lenzuola fresche di bucato e soffici come guanciali, lungo le diagonali della stanza. Imprecherebbe per le unghie della gatta che graffiano il materasso, per le geometrie dei corpi che non sono mai gli stessi perché non si è pronti ad assumersi l’impegno di restare a lungo nello stesso posto, tra le stesse braccia. Bestemmierebbe per le pieghe in ombra sotto la biancheria a catafascio, in attesa che giungano mani a riordinare, per le scuse che risuonano come inganni,  subdoli appigli che tralasciano ingenuamente i più semplici dettagli.

Lui mi volta su un fianco e mi stringe in un abbraccio come a fermare il tempo. Confesso: <<Sei il regalo più prezioso che ho ricevuto!>>

<<Per gli anni che tu conti al rovescio?>>

<<Sì, anche. Ma più per gli anni che non contano.>>

Non ricordo un novembre caldo e assolato come questo. Il clima è quello idoneo alle performance amorose del vicinato, lasciate intendere dai sospiri che oltrepassano la finestra aperta, nelle prime ore del pomeriggio, e dai richiami al cane che giungono languidi dalla camera da letto. È il clima perfetto per vedere apparire sul balcone l’inquilino del piano di sopra, avido di chiacchiere, un cecchino appostato dietro i gerani appassiti, tra la ringhiera e le fioriere, in attesa di vedere comparire un volto noto nei dintorni per attaccarci un bottone interminabile. Questo novembre estivo è ideale per udire l’ira della dirimpettaia che trafigge il marito con coloriti insulti per l’eccessivo sale nella pasta al pesto, e per vedere poi il povero Cristo vagare come un’anima in pena da una stanza all’altra con il volto costernato e in religioso silenzio.

È la temperatura adatta alla resurrezione delle zanzare, credute morte e sepolte nel carnaio di Ognissanti e, invece, miracolosamente vive e vegete. E bastarde.


La goccia che fa traboccare…il vaso.

Quand’è squillato il telefono, la gatta – che sonnecchia sopra il divano, in salotto – ha dischiuso svogliatamente le palpebre e alzato la testa con fastidio, com’è solita fare quando rivendica la discendenza divina e rimpiange i tempi in cui l’Egitto era patria di faraoni. Ma benedetta figlia di Ra!

Al terzo trillo rispondo. Una voce virile, roca come da postumi di tabagismo selvaggio, mi investe: “Ho letto che cerca un’assistente. Mi dica!”

“No, mi dica Lei!”

Ruggisce, forse per schiarirsi la gola. Poi, attacca: “Io sono una OSS. Una professionista, insomma. Non una badante…” mentre la voce scema verso un tono di disgusto.

Incalzo: “Qual è il suo nome?”

“Sono Rosa. Ho 58 anni.”

Spiego a grandi linee quali sono le mansioni e le abilità richieste, e tutto ad un tratto una domanda ben scandita, seguendo la traiettoria di un proiettile, penetra il mio orecchio e raggiunge il timpano: “Lei è incontinente?” piranha-303345_1280

Sollevo lo sguardo sul pianoforte e deglutisco, come a ingoiare l’incredulità: “Mi scusi, credo di non aver capito.”

E, allora,  la voce raspante di fumatrice incallita esplicita: “C’ha il pannolone?”

Respiro a fondo e, dopo aver pizzicato un lembo di labbro tra i denti, avvicino il telefono alla bocca affinché non si perda nemmeno un accento delle mie parole.


Innanzitutto, complimenti per la professionalità! Senza farne vanto, posso affermare di avere il controllo completo degli sfinteri, anzi potrei consigliarLe qualche esercizio per l’incontinenza verbale di cui soffre. Oltretutto, è chiaro che le parole anziché dall’ugola Le escano da ben altro orifizio. 


Questo è ciò che mi attraversa i pensieri, come un lampo. Tuttavia, sintetizzo: “Lo avrai tu il pannolone, stronza! Ché vista l’età, se riesci a stare in coda per il bagno senza inumidirti le mutande puoi credere nei miracoli.” 

     largeSto diventando insolente, non v’è dubbio. In ogni caso, l’assistenza alla persona non è un lavoro facile. Ma come scrissi tempo addietro, sovente mi chiedo chi sia realmente l’assistito e chi l’assistente.

Si susseguono episodi di dubbia natura. Dal giovane architetto che, volendo gettarsi in un’esperienza lavorativa diversa, si candida come mio assistente, esordendo con: “Certo, poi devo capire quale sia la sua disabilità, ma visto che mi ha risposto al telefono…sì, insomma…ecco…” Tanto che per evitare il prolungarsi di un silenzio imbarazzante, devo intervenire: “Parlo?”

Ecco, sì…intendevo questo…“e, chiocciando, mi ringrazia per avergli risparmiato la forca.

Alla rampante signora di mezza età che in odore di lenocinio si propone per il lavoro, ma alle sue, insostenibili condizioni soldi di cioccolatoeconomiche, e quando replico domandandole se, per caso, voglia anche la vasca idromassaggio in camera, mi risponde offesa sostenendo che i soldi nella vita non sono tutto…

Senza alcuna ombra di alcun cazzo di dubbio, voglio essere pagata per svolgere il ruolo dell’assistita!

Il tuo gatto ama la nicotina!

Vivere con il mio assistente, Israr, è piuttosto divertente, ma soprattutto sta insegnandomi moltissime cose… (go to the English version)

Posso redigerne una lista:

1. Ora so che le persone possono diventare pericolosamente dipendenti da uno schermo LCD. Dopo aver trascorso qualche minuto di fronte alla tv, infatti, inizieranno a guardare film, documentari e finanche pubblicità senza tregua, nutrendo il bisogno compulsivo con ogni sorta di immagine giunga dall’antenna parabolica. Finché non li troverete a fissare lo schermo spento durante uno dei vostri raid notturni per sfamare il gatto.

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