D’accordo, ragioniamo. Se questo letto potesse parlare, bestemmierebbe! E non lo farebbe con il leggendario turpiloquio dei portuali, no! Bestemmierebbe con grazia, scaraventando imprecazioni dai dolci effluvi di lenzuola fresche di bucato e soffici come guanciali, lungo le diagonali della stanza. Imprecherebbe per le unghie della gatta che graffiano il materasso, per le geometrie dei corpi che non sono mai gli stessi perché non si è pronti ad assumersi l’impegno di restare a lungo nello stesso posto, tra le stesse braccia. Bestemmierebbe per le pieghe in ombra sotto la biancheria a catafascio, in attesa che giungano mani a riordinare, per le scuse che risuonano come inganni, subdoli appigli che tralasciano ingenuamente i più semplici dettagli.
Lui mi volta su un fianco e mi stringe in un abbraccio come a fermare il tempo. Confesso: <<Sei il regalo più prezioso che ho ricevuto!>>
<<Per gli anni che tu conti al rovescio?>>
<<Sì, anche. Ma più per gli anni che non contano.>>
Non ricordo un novembre caldo e assolato come questo. Il clima è quello idoneo alle performance amorose del vicinato, lasciate intendere dai sospiri che oltrepassano la finestra aperta, nelle prime ore del pomeriggio, e dai richiami al cane che giungono languidi dalla camera da letto. È il clima perfetto per vedere apparire sul balcone l’inquilino del piano di sopra, avido di chiacchiere, un cecchino appostato dietro i gerani appassiti, tra la ringhiera e le fioriere, in attesa di vedere comparire un volto noto nei dintorni per attaccarci un bottone interminabile. Questo novembre estivo è ideale per udire l’ira della dirimpettaia che trafigge il marito con coloriti insulti per l’eccessivo sale nella pasta al pesto, e per vedere poi il povero Cristo vagare come un’anima in pena da una stanza all’altra con il volto costernato e in religioso silenzio.
È la temperatura adatta alla resurrezione delle zanzare, credute morte e sepolte nel carnaio di Ognissanti e, invece, miracolosamente vive e vegete. E bastarde.