Torino, via Po. Dentro un famoso Caffè. Inizio a flirtare con il cameriere che intanto ci prova con tutte e fa del mio un passatempo senza dolo; quella che si consuma dentro la pasticceria travestita da pub è, quindi, pura troiaggine con l’immunità.
Senza girarci attorno – ché avevo appena affrontato un avvolgimento da pole dance intorno alla gamba del tavolo per infilarmici sotto, perciò nell’inciucio potevo pure essere stringata – dopo la crostata alla crema gianduia, finisco con il ritrovarmi in bocca una nuda e cruda pratica bondage. E non si creda che siam giunti a cotanta intimità in pubblica piazza! Il mio, ça va sans dire, è un mero riferimento metaforico, signori.
Insomma, tra un’ordinazione e un’allusione lui azzarda:”Adoro il bondage: mi piace sia essere legato che legare!“
“Perfetto, con ne non hai nemmeno bisogno di una corda: non mi muovo, come mi metti resto.“
Credo di averlo ucciso.
Cosa c’è di male a concedersi un po’ di sano e rilassante (senza esagerare) bondage?
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saranno rimaste solo delle fantasie o sono state messe in pratica…
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