Per me vivere da sola non significa, alla lettera, essere sola: da sola non riuscirei a versarmi nemmeno l’acqua nel bicchiere!
La mia giornata è organizzata in modo tale da far convivere la mia necessità di aiuto e il bisogno di privacy. In casa mia si alternano due assistenti, ciascuna delle quali è addestrata ad essere discreta – in parole povere, se ho un rendez-vous, loro garantiscono riservatezza ed intimità – e sa ricavarsi i propri spazi in casa senza essere una presenza invadente – non si piazzano sul mio divano per ore a guardare la tv, con i piedi sul tavolo e il telecomando in mano, tanto per capirci.
Sabato, ad esempio, volevo trascorrere la giornata insieme all’amica Margherita, una raffinata appassionata d’arte, amante della bellezza e delle passeggiate notturne tra i richiami liberty dell’architettura torinese. Non avendo la possibilità di far allestire un’auto per la guida con joystick, non ho mai preso la licenza di guida (quindi nessun segno della croce o rituale apotropaico, signori!). Sicché la mia assistente mi ha accompagnata in città, con la mia macchina, mentre io – ingabbiata con la mia seggiola a ruote tra i sedili posteriori come un cavallo dentro il box – svolgevo a perfezione il ruolo di navigatore. Ruolo che peraltro mi riesce bene, tranne quando finisco con lo smarrirmi in un paesino di mille anime o imbocco la tangenziale in direzione sud dovendo, invece, andare verso nord. In città, però, sono una Via Michelin personificata, l’incarnazione di Google Maps con i capelli lunghi e un paio di jeans attillati! Non c’è piazza o via che non mi ricordi qualcosa: un incontro inatteso, una focaccia talmente buona da leccare pure l’involucro di carta, una lavanderia automatica che un giorno, carica di indumenti come una venditrice ambulante, ho trovato chiusa…Insomma, tutte queste reminescenze hanno trovato collocazione dentro la mia testa come le indicazioni su una cartina geografica. Così non sbaglio un vicolo, la città non ha segreti!

A Torino avevo appuntamento con Margherita. Di fronte al Teatro Regio, come sempre. Nel programma della serata c’era una visita alla mostra di nudo Visioni tra le Rocce al Museo della Montagna, aperitivo in piazza Vittorio Veneto (laddove avremmo pagato a caro prezzo l’affaccio sulla Gran Madre, spendendo per una pasta di meliga quello che avremmo speso per un’intera confezione acquistata al discount), e cena al Kipling dove ci saremmo esibite in un’imbarazzante “scarpetta” con il pane alle olive nella salsa di pomodoro e basilico, con una candida faccia di bronzo (da alcuni definita con un altro termine di paragone). Infine, avremmo camminato fino in piazza Castello, dove avremmo incontrato degli amici.
La mia assistente è venuta con noi (talvolta, invece, le accordo un permesso lavorativo) e a notte inoltrata mi ha accompagnata a casa –per fortuna, giacché, l’intingolo, tutt’altro che dietetico, degli gnocchi e il toscano fumato nel dehors del Caffè in piazza Bodoni mi avevano gettato addosso una tale stanchezza che non tenevo gli occhi aperti…