Independent Living: more than a philosophy!

Today is rainy so I’m going to spend some time telling you about myself and my independent life (later I probably will go to a local pastry shop to drink a tea with some cookies…). This is my first post in English, so please forgive my mistakes!Tania

the Independent Living Movement grew out of the Disability Rights Movement, which began in the 1960s.

As you probably know, I’m Italian and I live in a small village not too far from Turin. I’ve been living alone for two years, since I went to live in the city center of Turin with a Pakistani boy who was a student of the Polytechnic of Turin. We lived together for six months, in a small house behind the University. I can remember the smell of spices and tobacco inside the house, and the tasty dishes that he used to cook…I loved the Pakistani recipes, even if the first time I tasted a dish called Quorma prepared with a spicy sauce and chili, it set fire to my mouth as if someone had struck a match on my tongue!

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a SMArt way

When I woke up in the morning,  a pure blue sky stretched away to the horizon, so I chose to have a brief trip. I remembered a cosy garden in a small village not to far from my home…

Stamani al risveglio ho aperto gli occhi su un cielo limpido che invitava a una gita infrasettimanale. Gli impegni della giornata erano pochi, così ho deciso – prima di impugnare lo spazzolino da denti e con la pancia chiassosa come un’imbonitrice ringalluzzita dai profumi della colazione – che avrei trascorso un paio d’ore in mezzo alla natura, durante la pausa pranzo.

Non avrei avuto tempo a sufficienza per allontanarmi troppo e d’altra parte nelle mie tasche il vento spazzava la sabbia del deserto, perciò quella di oggi avrebbe dovuto essere una meta facilmente raggiungibile. Mi sono, quindi, ricordata di uno spazio verde poco distante dalla località canavesana in cui vivo, un parco di modeste dimensioni situato alla periferia di Favria.

I reached the garden at 1.00 pm o’clock, but I noticed that the entrance has been closed by a turnstile gate… I couldn’t pass through this gate with my wheelchair! I had to find a solution…

Alle 13.00 in punto, la mia assistente ed io eravamo di fronte all’ingresso del parco. E lì, nell’esatta posizione in cui ci trovavamo – metro più, metro meno – abbiamo fatto la cruciale scoperta. Continua a leggere a SMArt way

A thirsty girlie

As near the lake there were very big mosquitoes (if they had had feathers, they probably would have been birds…) we moved from Viverone to Roppolo

Devo ad una focosa zanzara l’avermi svegliata dal sonno in riva al lago. Una di quelle note zanzare a cui mancano le piume per essere uccelli. Questa, poi, anche invadente come una suocera. Sicché, infastidita, ho richiamato Stefania al dovere di assistente e insieme siamo tornate all’auto per ripartire in direzione di Roppolo, un minuscolo centro abitato sulla via Francigena, la strada che un tempo i pellegrini provenienti dall’Europa centrale e in particolare dalla Francia percorrevano per raggiungere Roma.

Dopo pochi km, giunte a destinazione, abbiamo parcheggiato in una piazzetta adombrata dalla chiesa e da una manciata di case, forse costruite sui resti dell’antico borgo medievale. Dietro i tetti s’intravedeva l’antico castello, un tempo fortezza, eretto sulla sommità della collina per dominare un vasto taglio di terra.

Roppolo is a village located on the southern slopes of Ivrea glacial ridge, west to the Lake of Viverone. It is home to a castle, largely built during the 14th century.

Roppolo è un paese di novecento anime, un piccolo centro rurale sprofondato nel silenzio. Scese dall’auto abbiamo constatato che si udivano soltanto le nostre voci. Ci siamo, quindi, incamminate lungo la stretta strada che conduce al castello, salendo in mezzo ai vigneti, agli alberi da frutto e alle rade abitazioni con i balconi e i giardini traboccanti di ortensie, begonie e gerani. La strada è tutta in salita ed è battuta dal sole nelle ore pomeridiane. Stefania ed io l’abbiamo percorsa a diversi metri di distanza l’una dall’altra: io innanzi, ché dovendo banalmente manipolare un joystick non avvertivo grande fatica; lei dietro, arrancante per via di una frattura al piede e di un paio di scarpe strette che lo strizzavano come un’oliva da frantoio.

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The hipster lobster

As my wallet is empty like the Gobi desert, this summer I’m going to travel less than last year, but I can’t stand to stay at home

È tempo di vacanze. Quest’anno, tuttavia, limiterò i viaggi a qualche weekend, visto il deserto del Gobi che ho nelle tasche. Non posso farne a meno, però, di partenze e di ritorni, di strade nuove da esplorare, di confini da raggiungere.

Per trascorrere, quindi, una domenica all’aperto – e siccome l’eco nel portafoglio alla fine del mese avvilisce ogni fantasia su mete più onerose – ho infilato nello zaino una pizzetta e una bottiglia d’acqua comprate ad un chiosco e, calati sul naso gli occhiali sbiechi aggiudicati per pochi euro al mercato di Porta Palazzo, Stefania ed io siamo partite alla volta del lago di Viverone.

The lake of Viverone is quite a small lake between Milan and Turin with the Alps in the background.

A dire il vero non è una meta da me particolarmente apprezzata, ma sorvolando sull’orda di pensionati e di famiglie con pargoli chiassosi in villeggiatura, resta una piacevole gita lacustre. Certo, sarebbe meglio passar sopra anche alle frotte di zanzare che se avessero le piume e gracchiassero assomiglierebbero ai corvi di Hitchcock, comunque gli argini del lago offrono pittoreschi spazi per sostare. Sicché, essendo arrivate proprio all’ora in cui gli zuccheri nel sangue calano vertiginosamente e avendo cominciato ad intravedere fonti alimentari nelle anatre selvatiche e finanche nei detriti galleggianti sulla superficie dell’acqua, ci siamo accampate in un fazzoletto di prato lungo la sponda del lago. Soffiava una piacevole brezza e lo sciabordare dell’acqua richiamava il sonno. Tutto era in sintonia. Anche gli audaci amoreggiamenti di una coppia di ragazzini dietro di noi con la prebenda di un gruppetto di ottuagenari travolti da slancio voyeuristico.

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Yummy!

My first thought in the morning is not a dress, nor my telephone.No, it’s BREAKFAST! So, it sounds strange I’m just 88 lb, but I’d never got a diet!

C’è chi si sveglia ogni mattina con il pensiero rivolto agli impegni della giornata, io invece apro gli occhi sul mondo con in testa un unico, fondamentale pensiero: la colazione.

Certo, pesare una quarantina di kg e avere costantemente fame suona paradossale, giacché mai mi sono sottoposta alla tortura del digiuno, né ho mai prestato fede ai propositi di una dieta. Eppure quando suona la sveglia a destarsi per primo è lo stomaco, e mentre il resto del corpo gongola nel torpore, lui, con spirito rivoluzionario da manifestante in piazza, rivendica a gran voce i suoi diritti:”Roarr” Allora, colui che in quel momento tanto intimo è coricato al mio fianco, sgrana gli occhi e con espressione teneramente ebete domanda:”Mangiato poco ieri sera?”

“Oh, my lovely, little  bird, what a big mouth you have!” – “All the better to eat you with!”

Vai a spiegargli che le tue interiora reclamerebbero cibo anche se la sera prima di andare a dormire ti fossi divorata tua nonna cotta al forno con patate…Meglio fargli credere che tu, delicato passerotto nato a primavera, becchetti con grazia e solo a giorni alterni. Tanto la verità la scoprirà presto da solo.

Do you go by feet? No, I prefer my wheels!

Florence is not an easy city if you are sitting on a wheelchair: the paving of the old town shakes you like a strawberry inside a cup of milk! But the beauty all around you open your mind to the wonders

È inevitabile, questa estate che non decolla mi ricorda il tramonto settembrino sul Lungarno, il sole tiepido che si riverberava sull’acqua e lambiva le spalle e le braccia nude. Firenze è una città complicata per chi si sposta su una sedia a rotelle: la pavimentazione del centro storico provoca continui e fastidiosi sobbalzi. Giunta a sera, ricordo, sentivo il collo e la schiena pressati dentro una tenaglia, tuttavia la bellezza di quei luoghi, dei vicoli come delle piazze, dei palazzi come delle sculture, rendeva non solo sopportabile, ma addirittura necessario arrancare lungo quel cammino di memorie rinascimentali, sotto un cielo che da infuocato virava ai toni freddi dello spettro e rabbuiava le strade.

“Oh my God! My feet…my feet!” he yelled, but his wife started to laugh and then she said: “That wheelchair seems very heavy, I like it!” and she kept to laugh at him.

Avevamo attraversato Ponte Vecchio ed io, che anziché utilizzare due gambe cammino con quattro ruote, lo avevo percorso in bilico su uno stretto marciapiede finendo per salire sui piedi di uno sfortunato inglese che usciva da una prestigiosa gioielleria.

Ci eravamo quindi diretti verso Piazza de’ Pitti – fortunatamente senza altri infortuni sulla coscienza – e lì ci eravamo fermati per cenare in un locale piuttosto elegante e con un piccolo dehors che si affacciava su Palazzo Pitti. La notte era calata su Firenze, una notte mite, assonnata.  Avevamo preso posto a un tavolo all’interno del locale, giacché quelli sulla piazza erano già occupati da altri commensali. Dentro il locale si respirava un intenso profumo di cotture, odore di brace, di soffritti, di zafferano e di menta.  Avevo iniziato a scorrere il menù, cercando di intuirne il ventaglio di sapori.  Un evento inatteso, però, stava per compromettere la cena…

interview on my independent life

Dal 2002 la Regione Piemonte ha intrapreso un percorso volto al rispetto della dignità e dei diritti delle persone disabili attivando e finanziando progetti di Vita Indipendente e grazie a questo progetto una persona con disabilità può vivere per conto proprio.

Sovente la gente si meraviglia che io viva da sola, in un appartamento del quale pago personalmente il canone di locazione e le spese condominiali. Si stupisce che io esca a far la spesa, che tenga in ordine la casa, che faccia il bucato, che cucini per i miei amici, pur riuscendo a muovermi pochissimo in autonomia. Tuttavia la mia vita, ai miei occhi, è una vita del tutto normale: faccio quello che fa la maggior parte delle persone una volta divenute adulte. Certo, lo faccio usando le braccia e le gambe dei miei assistenti, ma perché è il solo modo in cui mi riesce di farlo. Non è eccezionale ciò che faccio. È eccezionale il fatto che qualcuno lo ritenga eccezionale. In una società civile il dispotismo della natura, i suoi grossolani errori che penalizzano l’esistenza di un individuo, dovrebbero essere superati senza alcuna meraviglia, né fatica.

 

an unpredictable breakfast

That morning, after the usual breakfast at the Cafe No. 76, watching the crumbs of the croissant on the table, I had a clear picture of the place where I would have to start telling everything

Quel mattino, dopo la solita colazione al Caffè n 76, fissando con un alquanto ipocrita senso di colpa le briciole del croissant alla crema sparse sul tavolo, ho avuto la nitida percezione del luogo in cui avrei dovuto far iniziare il viaggio. O meglio, da dove sarei partita per raccontare il viaggio. Così ho invitato la mia assistente a mettere in moto l’auto e ad aiutarmi a salirci. Ricordo, era una calda giornata di luglio e il riverbero sulle superfici vetrate degli edifici conferiva al sole un irresistibile fascino vacanziero. Mi sarei presa una mezza giornata di riposo; avrei fatto la turista, anche, con gli occhiali a buon mercato calati sul naso e indosso una canotta leggera di cotone bianco. Ho chiesto alla mia assistente di guidare fino ad Agliè, attraversando le tranquille strade in mezzo alla campagna impreziosite dall’abbacinante luce estiva. Il percorso lo conoscevo bene: sono nata qui, in questo taglio di terra tra le valli del Canavese e il bacino dell’Orco. Sicchè quando siamo giunte in territorio alladiese mi sentivo più una guida che una turista, intenta a spiegare di vicoli, borgate, dinastie alla mia assistente che viene dalle risaie del vercellese e conosce la residenza sabauda di Agliè solo per sentito dire.

Il caso vuole, tuttavia, che il castello non fosse aperto al pubblico quel giorno, a causa dei danni che i recenti temporali avevano causato nei dintorni.

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as the train left…

I remember the Porta Nuova train station, the scent of sweets outside the coffe shops.  Actually,I remember the journey that changed my life.

Della stazione di Porta Nuova ricordo l’aroma dei chicchi di caffè tostati e dei croissants che invitava ad entrare nelle caffetterie sempre affollate. Di solito ad ogni partenza mi fermavo alla boulangerie, all’ingresso della stazione, per una tazza di tè e una pasta dolce.

Tuttavia, quel mattino ero in ritardo: il taxi che era venuto a prendermi in Canavese non era attrezzato per il trasporto di persone in carrozzina, sicché dopo alcuni maldestri ed inutili tentativi per farmi entrare – dapprima reclinando la carrozzina, poi piegandomi in avanti la testa e infine spostando un sedile – eravamo corsi alla stazione del paese, riuscendo appena in tempo ad oltrepassare il passaggio a livello prima che giungesse il treno.
Ero accompagnata da Luca, il mio assistente, e fremevo nel constatare il ritardo della canavesana. Il cielo era parzialmente coperto e nell’aria si respirava già l’odore dell’autunno e delle foglie invecchiate.

Salire era sempre una scommessa con il destino. Le carrozze erano dotate di pedana estraibile, ma due volte su tre quest’ultima s’inceppava e non c’era verso di farla funzionare.

Un secondo disguido nello stesso giorno sarebbe stato troppo, anche per il mio livello di tolleranza, notevolmente alto.

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from Florence to Turin

I didn’t know what was going to happen soon

Tutto ha avuto inizio durante un viaggio a Firenze. L’idea era quella di trascorrere un weekend nella città che più amavo, dopo la nostalgica Torino s’intende, sicché mi ero portata appresso un piccolo bagaglio ed ero partita in una tarda mattina di settembre. Non ero sola. Con me avevo portato colui che presto avrebbe cambiato la mia vita drasticamente. Come tutti i cambiamenti repentini, incoscienti anche, sarebbe precipitato sulla mia vita come una pesante costruzione minata alle fondamenta: con un crollo verticale fragoroso e fatale.
Ho deciso il mio futuro in poche ore, prima che le luci dell’alba rampinassero gli occhi.

A distanza di un mese reggevo tra le mani le chiavi dell’abitazione torinese: la mia prima casa! Mia, soltanto mia. Il passaporto per la vita adulta.

Non sapevo ancora, tuttavia, ciò che mi aspettava…

they say freak, I hear trick